Margareth Dorigatti

Attesa / Warten

30.11 –
13.01.2024

In un tempo in cui vige la regola del “tutto subito” e il pazientare non trova posto nella frenesia quotidiana dettata da una tendenza condivisa dalla società contemporanea, Margareth Dorigatti invita a riflettere sull’attesa e sulle molteplici sfaccettature dell’animo umano in relazione ad essa.


La corrispondenza epistolare, leitmotiv delle opere in esposizione, comincia a diffondersi nella prima metà del Duecento, in concomitanza con la diffusione degli usi scritti del volgare, in seguito a due mutamenti di carattere materiale: l’inizio della produzione in Italia della carta, supporto di gran lunga più economico della pergamena; lo sviluppo di una nuova grafia, la mercantesca¹.
Sul versante letterario della produzione epistolare spicca l’esperienza di Francesco Petrarca, la cui novità consiste nella concezione dell’epistolario non come regesto casuale di materiali autobiografici, ma come opera letteraria, cui l’autore dedica le medesime cure che alle opere maggiori. L’impiego di un lessico di carattere familiare anche in scrittori sorvegliati e ossequenti alla norma alta fa sì che la scrittura epistolare dell’Ottocento si presenti come «zona franca rispetto alle proibizioni puristiche». Una consuetudine pertanto divenuta libera da vincoli, sincera, esplicita, spontanea. Fino ad arrivare al secolo scorso, quando l’avvento dell’era digitale ha spazzato via in appena un quarto di secolo abitudini millenarie.
Non solo l’artista recupera quindi una tradizione in via d’estinzione, ma ne fa un racconto autobiografico, intimo e personale. Nelle sue tele trovano spazio mistero e curiosità. Il contenuto delle lettere, a volte rivelato parzialmente, altre volte solo contestualizzato in un tempo o in un luogo in cui sono esistite, crea un legame invisibile con l’osservatore. Il coinvolgimento diventa poi emotivo, riesumando sentimenti di un tempo oramai perduto, ma vivo nei ricordi emozionali che influenzano il presente di ciascuno di noi. Coloro che hanno vissuto l’Attesa, di una risposta, un esito, o, per l'appunto, di una lettera che tarda ad arrivare, comprendono il turbine emotivo che la caratterizza. Sconforto, eccitazione, rabbia, ripudio, euforia, sono solo alcuni dei sentimenti che descrivono quel lasso di tempo che intercorre tra la stesura di una lettera e la sua risposta. Ed è proprio in questo frangente che agisce l’opera di Dorigatti, una sospensione genitrice di impulsi contrastanti dell’essere.

Scrive Duccio Trombadori (poeta, giornalista, critico d'arte e docente di Estetica presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza) in una lettera indirizzata all’artista il 19 agosto 2022:

“Cara Margareth,
Ti scrivo, così mi distraggo un po’: e mi abbandono volentieri al prezioso intarsio di parole e immagini che racconta di te come parafrasi allusiva del vissuto di ogni cuore messo a nudo quando tratta lo scandaglio della memoria per una immediata esigenza di espressione.
Così ti riconosco – e non da ieri – per la tensione mistica che anima le tue visioni dipinte, che da sempre compongono il tuo sofferto diario in pubblico, sofferto perché sincero e guadagnato per bisogno di scorgere una luce, una via chiara di salvezza nel tragitto misterioso dell’esistenza.
Ci conosciamo da tanti anni, e fin dal principio la tua vena d’espressione si è fatta avanti ai miei occhi come la testimonianza in prima persona del male di vivere e al tempo stesso come un inno alla vita, per la forse disperata e mai abbandonata impresa di giungere, ci dice il poeta, “nel mezzo di una verità”.
I tuoi dipinti hanno cercato di fondere pensiero ed emozione, catturando istanti visivi, fatti di filamenti di colore, sapiente modulo del tratto, del contorno e della sfumatura. Il tuo merito, che io considero estetico ed etico, è questo: hai associato la visione dell’istantanea alla sintesi ideale, il senso del tempo isolato fuori del tempo, con il potere evocativo di una lettera smarrita, o non spedita, ritrovata per caso da un estraneo che ne ripercorre l’ordito sentimentale in una distaccata autopsia.
Sei un’analista acuta, arguta, a volte spietata, del tuo, del nostro sentimento, cara Margareth: ed è in questa analitica espressiva ed esistenziale che si riassume il fascino del tuo Epistolarium, dove gli innesti cromatici, le tecniche miste, le doppie superfici, e tutto il dispositivo tecnico di cui disponi entra nel quadro con la spontanea efficacia emotiva di una carezza, segnalando armonie nella dissonanza senza presunzioni intellettualistiche, bensì secondo un certo flusso intuitivo, magnetica virtù del fare poetico nella pittura.
I grigi, gli azzurri, il fondo oro, le carte incollate e soprattutto le parole, come brandelli di vissuto, ci presentano il ritmo insolente del divenire che dissolve e mantiene nel tempo le passioni del tempo. Tutto è armonia, anche nel fissare l’immagine che vuole indagare sul volgere caotico che genera e distrugge.
Con passione diligente e partecipe tu descrivi una parabola che ci riguarda tutti, e richiami l’attenzione sull’intimo legame di parola ed anima, invitando lo sguardo ad assorbire tutto il significato di quelle “tracce” che la pittura sapientemente volta a volta nasconde, conserva e mette in evidenza.
Hai così scritto un attraente epistolario visivo, altamente simbolico, cara Margareth: una lunga lettera di appassionata vicinanza umana e di inesauribile fiducia nella espressività del linguaggio della pittura quando è mosso dal soffio della poesia. Raramente accade di questi tempi, e per questo sento il bisogno anche io di scriverti una lettera, nella speranza che prima o poi qualche traccia alla fine rimanga e non vada perduta. Un abbraccio e un augurio, Duccio Trombadori”

Artisti Rappresentati

Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per essere sempre aggiornato sulle mostre, le iniziative e gli eventi della galleria e dei suoi artisti