Giovanni Castell

Solo Show

06.10 –
12.11.2022

Che cosa amerò se non l’enigma delle cose?

"Che senso avrebbe e che bisogno ci sarebbe di ottenere duplicati di una realtà che abbiamo di fronte? Che bisogno ci sarebbe di immagini del sole, delle stelle e di tutto il resto, quando queste cose già le vediamo, dato che in uno specchio non appare nulla che non si possa già vedere nel mondo senza di esso? Quale fine si otterrebbe staccando delle apparenze dal mondo per farle apparire su una superficie riflettente? Questo, per Socrate, era incomprensibile. E se la mimesi non è altro che un ozioso duplicato dell'apparenza, le sue perplessità riguardo allo status di un'arte erano perfettamente giustificate".


Le parole sopra citate, appartenenti al noto critico d'arte e filosofo Arthur C. Danto, ad una prima e superficiale interpretazione potrebbero apparire in dissonanza con il concetto: arte uguale vita, messo in atto da molti artisti e movimenti artistici della storia dell'arte del '900. Effettuando una considerazione più approfondita, tale aforisma coincide perfettamente con il pensiero espresso da Danto, sottolineando come l'arte e pertanto l'artista, devono entrare in sintonia con la vita stessa, facendole divenire un'unica situazione, un'unica espressione, ma al contempo esse non devono essere una mera, semplice e pedissequa riproposizione del reale. Giovanni Castell in tutto il suo percorso artistico, sia che esso abbia avuto maggiore concentrazione espressiva sulla figura, sia che abbia intrapreso percorsi nei quali l'immagine è divenuta sempre meno "tangibile", attenuandosi di esplicitazione: egli ha sempre voluto osservare il circostante con occhi indagatori e di conseguenza interpretandone la dimensione esistente.
Dobbiamo partire proprio dalla predisposizione di Castell ad osservare e quindi rielaborare visivamente e mentalmente il mondo, ciò che accade nel tempo dell'umano. Non dimentichiamo infatti che Castell è un fotografo, o meglio attraverso la fotografia egli ha manifestato il racconto di un universo altro, che non rinnega l'effettivo visibile, ma lo manipola, reinterpreta, innescando un dialogo continuo tra il percepibile e l'immaginifico. I riferimenti in tal senso, a mio avviso si riscontrano ampiamente già nella serie delle Aporie, nelle quali l'artista tedesco identifica uno o più soggetti decontestualizzandoli, per poi successivamente ricontestualizzarli in una differente e nuova entità percettiva, che assume una dimensione di sospensione temporale, il tutto avvalendosi di una precisa tecnica di rielaborazione digitale. Il riferimento e l'omaggio voluto da parte di Giovanni Castell ad Edward Hopper e direi anche più in generale all'American Scene, non può e non vuole sfuggire ad un occhio attento e sensibile, dove le atmosfere intimistiche, esistenziali, si uniscono e mescolano come pigmenti con gli spazi abitativi interni, con i luoghi aperti ed i paesaggi. Il tempo pare essersi fermato, rimosso, oppure mai esistito, non contemplato, suggerendoci una sensazione intima, recondita, dove l'umanità non sembra più trovare un appiglio al quale poter aggrapparsi per poter resistere. Scenari che ci riportano alla mente anche le famose piazze di Giorgio De Chirico: luoghi desolati, che paiono abbandonati, nei quali solo saltuariamente appare la presenza umana; uno sbalordimento, dove la meraviglia si divide lo scettro con il turbamento, dando appunto forma e vita ad un mondo metafisico.
Scelte enigmatiche, nelle quali l'iconografia delle opere di Castell, si compone di questi elementi ma anche, e forse inevitabilmente della Nuova oggettività tedesca: non nella nostalgia, ma nella scelta di voler cogliere l'istante, la percezione dell'attimo e soprattutto nella sintonia con l'immobilizzante e paludosa incomunicabilità alienante del nostro tempo contemporaneo.
"Et quid amabo nisi quod aenigma est?" (che cosa amerò se non l’enigma delle cose?). Questa frase appartiene proprio a Giorgio De Chirico ed egli la incise sulla cornice di un suo autoritratto del 1911, nel quale appunto si ritraeva nella posa tipica del filosofo Friedrich Nietzsche. Una visone poetica, filosofica, che però vuole sottolineare la volontà di incedere verso la strada che porta a scoprire quale è il senso della vita.
Un quesito esistenziale, forse impossibile al quale dare risposta, ma certamente il tragitto che da sempre Giovanni Castell ha intrapreso; una ricerca, che in modo ancora più evidente la ritroviamo nella sua ultima produzione, dove l'artista è riuscito a "trasfigurare" la fotografia in pittura. Il paragone con un alchimista sarebbe il primo pensiero, anche se esso risulterebbe incompleto e soprattutto inattuale, visti i materiali e i mezzi tecnici impiegati. La storia in generale e come vedremo anche quella dell'arte sono argomenti e materie, che Giovanni Castell conosce bene e che rientrano spesso come citazioni nelle sue opere, le quali tuttavia nella loro realizzazione si avvalgono di materiali e tecniche del nostro tempo. Il plexiglass diviene una sorta di contenitore, di cassetta sulla quale, nella parte frontale, Castell va a serigrafare l'immagine da lui creata e rielaborata digitalmente, mentre nella parte retrostante, l'artista ha avuto l'affascinante intuizione di applicare in alcuni frangenti la foglia d'oro ed in altri quella d'argento. Una tecnica, quest'ultima, con rimandi molto antichi, ma qui reinterpretati ed attualizzati, anche grazie all'impiego finale della resina, che ne riveste per intero la superficie, creando una sorta di scrigno inviolabile e perpetuo nel tempo.
Il colore diviene protagonista, assorbendo anche la luce intrinseca e congenita effusa dalla foglia retrostante, tanto da sprigionare luminescenza e diffonderla sull'intera superficie. Giovanni Castell con queste opere sembra voler portare luce e colore in un mondo purtroppo sempre più cupo, tetro dove l'identità dell'uomo è costantemente minata: porre l'accento sullo stato di solitudine dell'individuo all'interno della società, ogni giorno più tecnologica e connessa, ma sempre meno dialogante e relazionale. Secondo la Kabala, nell'epoca precedente alla creazione, la profusione di scintille divine frantumò i vasi nei quali esse erano contenute e così le scintille caddero su tutte le cose del mondo. Qui sono imprigionate finché non vengono liberate da una benedizione. La luce è sinonimo di speranza, di vita e di redenzione, proprio come ci vuole indicare Castell con le sue opere: un senso di fiducia e fede, confidando in una sorta di utopia concreta, che porterà finalmente il vento dell'esistenza vera e giusta. "Per come la vedo io, la fotografia ha fatto del suo meglio per eliminare costantemente la realtà. Gli ha permesso di scomparire. Prima di essere in grado di vivere un particolare paesaggio in carne e ossa, lo sappiamo già dalle fotografie. Abbiamo perso la nostra capacità di vedere le cose consapevolmente. In un'epoca in cui siamo quotidianamente bombardati da migliaia di immagini digitali, non appena viste, già dimenticate, l'immagine fotografica individuale perde il suo significato. La fotografia ha perso la sua magia. Voglio andare avanti e raggiungere una nuova dimensione tecnica e artistica". Con queste parole Giovanni Castell esplica perfettamente il suo pensiero e l'indirizzo della sua ricerca, che travalica la "semplice" fotografia, avvalendosi della rielaborazione e della pittura digitale, unendo processi pittorici e fotografici, materiali arcaici e contemporanei, dando così forma ad un'arte del presente, che non dimentica il passato e si auspica un domani differente. Il colore come abbiamo sottolineato assume, insieme alla materia, le vesti di interprete della scena, apparendo e mostrandosi agli occhi del fruitore volutamente più come pittura, che come elemento fotografico. Un rimando ed un attestato di inevitabile ammirazione per Mark Rothko, reso palese dalla distribuzione del colore con "pennellate fotografiche" orizzontali, che Castell dispone sulla superficie, producendo affascinanti effetti di compenetrazione tra colore, spazio e materia. Linee, bande orizzontali, di colori differenti, che giocano e si compenetrano in innumerevoli varianti, non definite nel loro esistere, ma sfumando e suscitando un effetto fluttuante indefinito. L'estensione delle aree tonali si ampliano provocando la sensazione di avanzamento e poi di arretramento. La figura umana si è assentata, ha abbandonato il palcoscenico, lasciando Campo al colore (Color field) e alla luminescenza, che si articolano assumendo l'aspetto di eteree teofanie.
"Il fatto che un gran numero di persone rimanga turbato e pianga quando si trova di fronte ai miei dipinti, dimostra che riesco ad entrare in contatto con le fondamentali emozioni umane". Le parole di Rothko sono esplicative, di come il silenzio e la meditazione, risultino essere determinanti nella sua ricerca, ma anche come lo siano per poter entrare in sintonia con tutta la ricerca di Giovanni Castell. Certamente l'opera nella quale il silenzio, il raccoglimento e la spiritualità sono altrettanto sostanziali, è quella di Giorgio Morandi, che con le sue nature morte, sembra avere fermato il tempo nel rapporto tra oggetto e soggetto. Bottiglie, tazze, vasi, caraffe, vengono introdotte anche da Castell, tra le trame dei suoi campi colorati, che per mezzo della resina, appaiono come immagini sfuocate, non nitide, come accade per i ricordi lontani, ormai privati della nitidezza. Memorie remote, personificate da oggetti senza età, ma che assumono il valore inestimabile di quello che, Thomas Eliot e poi Eugenio Montale, hanno identificato come: correlativo oggettivo, ossia degli eventi, delle situazioni, o come in questo caso, degli oggetti, che hanno la finalità di rimandare ed evocare "un'emozione precisa e particolare".
Se Nietzsche sostiene che: "Niente è arte a meno che si sfidi la spiegazione razionale e a meno che il suo significato ci sfugga in qualche modo", possiamo senza alcun esitazione affermare che l'espressione creativa di Giovanni Castell, si muove proprio in tale direzione, in quanto egli con la sua arte cerca di riprodurre e quindi di rendere visibile lo stato di incertezza che si sperimenta mentre si sogna.

Alberto Mattia Martini

Artisti Rappresentati

Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per essere sempre aggiornato sulle mostre, le iniziative e gli eventi della galleria e dei suoi artisti